sabato 19 gennaio 2013

Angoscia, disperazione e fede


Kierkegaard: angoscia, disperazione e fede


Angoscia, disperazione, fede


 La possibilità è la categoria fondamentale dell'esistenza. La condizione di insicurezza,di inquietudine e di travaglio connessa a questa categoria è l'oggetto dei due scritti che,accanto alle "Briciole" e alla "Postilla",costituiscono il nucleo più prettamente filosofico del pensiero di Kierkegaard: "Il concetto dell'angoscia" (1844) e "La malattia mortale" (1849).















L L ’ angoscia è “ la vertigine che scaturisce dalla possibilità della libertà




 L'uomo sa di poter scegliere,sa di avere di fronte a sé la possibilità assoluta:
ma è proprio l'indeterminatezza di questa situazione che lo angoscia.Egli acquista la coscienza che tutto è possibile:ma,quando tutto è possibile,è come se nulla fosse possibile.La possibilità non si riveste di positività,non è la possibilità della fortuna,della felicità,ecc.;è la possibilità dello scacco,la possibilità del nulla. L'angoscia è la condizione naturale dell'uomo.

Essa non è presente nella bestia che,priva di spirito,è guidata dalla necessità dell'istinto,né nell'angelo che,essendo puro spirito,non è condizionato dalle situazioni oggettive.
 L'angoscia è propria di uno spirito incarnato, quale è l'uomo, cioè di un essere fornito di una libertà che non è né necessità,né astratto libero arbitrio,ma libertà condizionata dalla situazione,cioè appunto dalla possibilità di ciò che può accadere.E' la possibilità di poter agire in un mondo in cui nessuno sa che cosa accadrà.
E' l'angoscia provata da Adamo posto di fronte al divieto di gustare i frutti dell'albero della conoscenza:egli non sa ancora in che cosa consista la conoscenza,non conosce la differenza tra il bene e il male,non comprende il senso del divieto stesso.Egli non sa che cosa accadrà,eppure è chiamato a scegliere tra l'obbedienza e la disobbedienza.

Strettamente connessa alla categoria della possibilità è anche quella della disperazione,che è la "malattia   mortalòe di cui Kierkegaard tratta nel libro omonimo.
 l'angoscia è incentrata soprattutto sui rapporti tra il singolo e il mondo,la disperazione riguarda piuttosto quel rapporto del singolo con se stesso.
 L'angoscia è determinata dalla coscienza che tutto è possibile,e quindi dall'ignoranza di ciò che accadrà. Invece, l  la disperazione è motivata dalla constatazione che la possibilità dell'io si traduce necessariamente in una impossibilità 

 l'io è posto di fronte a un'alternativa: o volere o non volere se stesso.                                                                                       











Se l'io sceglie di volere se stesso,cioè di realizzare se stesso fino in fondo,viene necessariamente messo a confronto con la propria limitatezza e con l'impossibilità di compiere il proprio volere. Se,viceversa, rifiuta se stesso, e cerca di essere altro da sé,si imbatte in un 'impossibilità ancora maggiore.
 Nell'uno come nell'altro caso,l'io è posto di fronte al fallimento,è condannato a una malattia mortale,che è appunto     quella  di vivere la morte di se stesso.


“La disperazione è un pregio o un difetto?
 Da un punto di vista puramente dialettico è l’uno e l’altro. Se ci si volesse fermare sul pensiero astratto di disperazione senza pensare a una persona disperata, si dovrebbe dire: è un pregio immenso. La possibilità di questa malattia è la prerogativa dell’uomo di fronte all’animale; e questa prerogativa lo distingue in tutt’altro modo che non l’andatura eretta, poichè idica che egli è infinitamente eretto ed elevato, cioè che è spirito. La possibilità di questa malattia è la prerogativa dell’uomo di fronte all’animale; rendersi conto di questa malattia è la prerogativa del cristiano di fronte al pagano; esser guarito da questa malattia è la beatitudine del cristiano.”



Tanto l'angoscia,quanto la disperazione possono avere un solo esito positivo:la fede.


“ La fede comincia là dove la ragione finisce


“ La fede è una corda alla quale si rimane appesi, quando non ci si impicca”


Sia l'esperienza della possibilità del nulla propria dell'angoscia,sia quella della malattia mortale che rivela l'impossibilità dell'io,si risolvono soltanto quando l'uomo compie un salto qualitativo,aggrappandosi all'unica possibilità infinitamente positiva,che è Dio.

 Il filosofo disse :
“ non importa sapere se Dio esiste, importa sapere che Dio è amore”











Il credente non ha più l'angoscia del possibile,poiché il possibile è nelle mani di Dio;né il suo io si perde nella disperazione della propria impossibilità,poiché sa di dipendere da Dio e di trovare in Dio un sicuro ancoraggio. La fede è,piuttosto,il risultato di un atto esistenziale con cui l'uomo va al di là di ogni tentativo di comprensione razionale,accettando anche ciò che al vaglio della ragione o della critica storica appare assurdo.






 se  collochiamo a livello religioso il significato di disperazione possiamo comprendere che  il vero problema è IL NOSTRO RAPPORTO CON DIO
 ( ESSERE A TU PER TU); ED è UN RAPPORTO COLPEVOLE ( LA PRIMA "RIVELAZIONE" CHE LA BIBBIA  TRASMETTE è CHE L'UOMO è PECCATORE cioè OGNI PECCATO, secondo il filosofo, è sempre come il primo peccato  del primo uomo , di Abramo

la celebre frase: "l'uomo pecca prima per debolezza.poi per disperazione" se interpretata in modo corretto significa che la debolezza è della natura corrotta, la disperazione è la coscienza di questa impossibilità,di fronte a Dio, di "tornare indietro"



  



lunedì 10 dicembre 2012

Morte di Dio in relazione alla nascita del "SUPERUOMO"

La morte di Dio e avvento del superuomo

Friedrich Nietzsche da origine nel suo percorso filosofico ad un vero e proprio discorso dove egli sostiene che la morte di Dio costituisce un "TRAUMA" ma solo in relazione ad un uomo-non ancora-superuomo e che in virtù di essa, può divenire tale. 
La morte di Dio coincide con la nascita del superuomo !!
Secondo il filosofo solo chi ha il coraggio di guardare in faccia la realtà e di comprendere il crollo degli assoluti è maturo ed essendo maturo è pronto per varcare l' abisso che divide l' uomo dall' oltreuomo .
Il SUPERUOMO ha :
  • dietro di sè la morte di Dio e la vertigine da essa provocata 
  • davanti a sè " il mare aperto" delle possibilità connesse a una libera progettazione della propria esistenza al di là di ogni struttura metafisica data
Per Nietzsche l' uomo può diventare superuomo soltanto dopo essere passato sul cadavere di tutte le divinità !!
Il superuomo ( Ubermansch) che si colloca all' interno del pensiero del filosofo lo si può definire come un concetto filosofico di cui si serve Nietzsche per esprimere il progetto di un tipo di uomo qualificato da una serie di caratteristiche che coincidono con i temi di fondo del suo pensiero.
Il superuomo è colui che è in grado di accettare la dimensione tragica e dionisiaca dell' esistenza : 
è colui che è capace di dire di si alla vita , di " reggere" la morte di Dio e la perdita delle certezze assolute.
L' Ubermensch  di cui egli parla viene identificato con il tipo nuovo, cioè un essere radicalmente altro da quello che ci sta di fronte.
 L' espressione Ubermensch è composta dal prefisso uber  che sta ad indicare un uomo-oltre-l' uomo capace di creare nuovi valori e di rapportarsi in modo inedito alla realtà 

Per Nietzsche il superuomo è colui :
  1. che vive oltre la morale tradizionale 
  2. che costruisce e segue una nuova tavola di valori ( ad esempio fierezza e forza) 
  3. che con la volontà di potenza supera l' avversione al destino che comunque non può modificare e accetta l' eterno ritorno con un atto di coraggio.
Il filosofo ci illustra la figura del superuomo nella sua opera principale chiamata " cosi parlò Zarathustra" che si presenta come una sorta di anti-vangelo poichè contiene in forma di aforismi la tavola dei valori dell' oltreuomo . 
Nel primo discorso di Zarathustra , intitolato "delle tre metamorfosi"  il filosofo nomina le tre metamorfosi come lo spirito che diventa cammello il quale a sua volta diventa leone, e infine il leone fanciullo.

  • Il cammello rappresenta l' uomo che porta i pesi della tradizione e che si piega di fronte a Dio e alla morale ( all' insegna del tu devi )
  • Il leone rappresenta l' uomo che si libera dai fardelli metafisici ed etici ( all' insegna del io voglio)
  • il fanciullo rappresenta l' oltreuomo che nella sua innocenza ludica , sa dir di si alla vita e inventare se stessa al di là del bene e del male.